L’attività qui è frenetica. Workshop, conferenze, lezioni – concerto, showcase.
La bellezza risede nelle mille sfaccettature che questo festival propone. Argomemti diversi con tanti punti di vista.
Interessantissimo il dibattito sul fare cultua oggi con l’esperienze americane e quelle italiane. Due mondi a confronto che riscontrano le stesse problematiche ma la stessa voglia di cambiare, di operare per il meglio e lasciare un segno tangibile. Cambiare per chi viede dopo, instillare quella scintilla di passione, di fuoco che ogni jazzista deve avere per creare.
E allora perché il cinema e il jazz dialogano, perché lo fanno male o lo fanno bene. Parlare, confrontarsi con i diversi modi e mondi di concepire il linguaggio della comunicazione, musicale e visiva. Le lezioni di Ashley Khan con Maurizio Franco sono un’evento imperdibile in questi giorni.
Come di una bellezza impressionista è stata quella di Marco Fumo, che ci ha fatto reinmmergere nelle atmosfere di Joplin e del jazz anni ’20. I giganti del jazz che dialogano, si confrontano con noi che li abbiamo solo potuti sentire e risentire in cuffia. La bellezza di uno scambio, dove ci sono io che voglio rubare ogni minima nozione o storia e loro che con grande generosità donano se stessi. Grazie Marco.
Mentre vi scrivo gli showcase continuano e Cumiana è piena piena piena di jazz, nel modo di essere, di parlare, di suonare.
Il David Schroeder – Antonio Figura Quartet suona memtre io, esterreffata da così tanta bellezza vi scrivo.
Le emozioni sono tante e tanta è la felicità di essere qui, a Cumiana per questo Jazzit Fest che, come creta, stiamo costruendo nota dopo nota.
Federica Di Bari
Salt Peanuts 