Passa tutto velocemente, anche il secondo giorno qui a Cumiana.
Da una mattinata calma e lenta nel risveglio, sono passata ad un pomeriggio frenetico, girovagante e senza freni.
Dalle prove, alle residenze, ai workshop e ai concerti seguendo il filo rosso di Cumiana che ti porta a vedere la musica come una medicina, i quadri di Escher tramutati in ritmi e il meglio della critica e del giornalismo jazz che dialoga con noi.
Il bello del concetto di questo festival è il condividere pensato come quello dell’interplay che si crea tra musicisti. Quello, strano ma bello che si crea nelle jam session tra musicisti che non si sono mai visti ma a colpo d’occhio comunicano. Singergie diverse che provano ad incrociarsi e incontrarsi. Semplicemente portando quella passione che questo mondo del jazz ha.
Cumiana incuriosita lentamente si è avvicinata ai palchi, ai musicisti e li ha ascoltati e apprezzati, contenti di vedere una città in festival:”anche se, se le devo dire la verità a me il jazz non piace, ma la città così si.”
La musica scorre sui palchi e scorre il nostro festival, quasi giunto al termine.
Federica Di Bari